Laddove la posizione di garanzia sia ricoperta da più sanitari, sulla base di distinti e specifici ruoli loro affidati, non può addivenirsi ad un giudizio di responsabilità che incomba su tutti i soggetti in modo “indistinto”.
E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione (V sez penale) con la sentenza n. 3745 del 21 gennaio 2020 la quale è ritornata sul tema afferente il c.d. “principio dell’affidamento” nell’ambito della colpa medica.
La fattispecie: prende le mosse dalla riforma da parte della C.d.A. di una sentenza del Tribunale di Roma la quale aveva assolto con formula piena due sanitari per il delitto di omicidio colposo in danno di un paziente.
Al primo sanitario, nello specifico, la condanna era inflitta in qualità di medico del pronto soccorso della struttura ove vi era stato ricovero.
Al secondo sanitario, quale medico in servizio presso la divisione di Chirurgia generale del medesimo nosocomio.
In particolare: il paziente, causa forti dolori addominali, era ricoverato presso il suddetto P.S. ove era sottoposto ad esami specifici che conducevano a dignosi di “diverticolite acuta”.
Trasferito, d’urgenza, presso reparto di chirurgia generale, il paziente vedeva peggiorare le proprie condizioni. Seguiva, a cura del medico ivi preposto, nuova diagnosi di “aneurisma dell’aorta addominale con rottura e shock franco” come tale del tutto diversa da quella precedente e che rendeva necessario contestuale intervento chirurgico.
Il ricorso per Cassazione: ha quale principale doglianza la violazione dell’art. 192 C.p.P. e vizio di motivazione in riferimento al ruolo rivestito dal ricorrente nella vicenda ed al correlato principio di affidamento.
Ciò, deduce il ricorrente, stante la dedotta assenza, nel percorso logico argomentativo della sentenza, di qualsivoglia distinzione dello specifico ruolo ricoperto nella vicenda dal medico di pronto soccorso da quello operante nel reparto di chirurgia generale.
In particolare: il medico ricorrente sostiene che la prorpia condotta non poteva prescindere dal necessario affidamento alle risultanze cliniche e diagnostiche attestate dal collega del Pronto Soccorso.
Sostiene, pertanto, il ricorrente, la violazione del c.d. principio di affidamento per il quale ciascun sanitario risponde solo del corretto adempimento dei doveri di diligenza e perizia che gli sono affidati. Nessun dovere di controllo o sorveglianza può, infatti, incombere in merito al comportamento dei colleghi.
La Suprema Corte, accoglie il ricorso rilevando la indistinta valutazione in sentenza delle posizioni dei due imputati in quanto ricondotte ad un medesimo giudizio di responsabilità sebbene ricoprenti i sanitari ruoli del tutto autonomi e distinti.
E’ cosi ribadito il principio cardine secondo cui: “in tema di successione di posizioni di garanzia, quando l’obbligo di impedire l’evento connesso ad una situazione di pericolo grava su più persone obbligate ad intervenire in tempi diversi, l’accertamento del nesso causale rispetto all’evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta e al ruolo di ciascun titolare della posizione di garanzia, stabilendo cosa sarebbe accaduto nel caso in cui la condotta dovuta da ciascuno dei garanti fosse stata tenuta, anche verificando se la situazione di pericolo non si fosse modificata per effetto del tempo trascorso o di un comportamento dei successivi garanti”.
Avv. Egidio Oronzo