L’ordinanza del 29 agosto 2019, n. 21775 della S.C. torna sul tema della responsabilità professionale del Notaio. Secondo la S.C. la stessa è da ravvisare non tanto nella diligenza professionale qualificata, quanto nel generale principio di buona fede intesa in senso oggettivo. Si richiama, pertanto, l’art. 2 della Costituzione che impone la salvaguardia effettiva degli interessi della controparte nei limiti del c.d sacrificio apprezzabile.
Nel contratto di prestazione d’opera professionale, pertanto, l’obbligo di buona fede (in senso oggettivo) deve valutarsi alla luce della causa concreta dell’incarico conferito al professionista e dunque anche al notaio, che laddove officiato della stipulazione di un contratto di trasferimento immobiliare sarà senz’altro onerato di effettuare le visure ipocatastali (in tal senso si vedano Cass., 20/8/2015, n. 16990; Cass., 16/3/2006, n. 5868).
Nel caso concreto: i ricorrenti lamentavano gli omessi accertamenti da parte del Notaio incaricato realtivi ad immobile oggetto di usucapione. Rilevvano i ricoreenti che le visure immobiliari non integrano problemi di speciale difficoltà ex art. 2236 c.c. indi il notaio per andare esente da responsabilità avrebbe dovuto provare che – malgrado la diligente esecuzione delle visure immobiliari – non era stato raggiunto il risultato perseguito dalla parte acquirente degli immobili per una causa a sè non imputabile.
La S.C. ribadisce, in primis, l’orientamento secondo cui – ove richiesto – ai fini della stipulazione di un contratto di compravendita immobiliare il Notaio è tenuto al compimento delle attività accessorie e successive necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti, e in particolare all’effettuazione delle c.d. visure catastali e ipotecarie, allo scopo di individuare esattamente il bene e verificarne la libertà (v. Cass., 28/7/1969, n. 2861, e, più recentemente, Cass., 24/9/1999, n. 10493; Cass., 18/1/2002, n. 547).
La sussistenza di tale obbligo è stata dalla giurisprudenza di legittimità dapprima argomentata dal combinato disposto di cui all’art. 2913 c.c. e art. 28 L.N., in ragione della funzione pubblica del notaio (v. Cass., 1/8/1959, n. 2444), ovvero da quello di cui agli artt. 4 (secondo cui alle domande di voltura debbono essere acquisiti i certificati catastali) e 14 (che fa obbligo al notaio di chiedere la voltura) D.P.R. n. 640 del 1972, in base al quale il notaio è tenuto ad espletare attività di verifica catastale ed ipotecaria volta ad accertare la condizione giuridica ed il valore di un immobile, da tenersi distinta dalla normale indagine giuridica occorrente per la stipulazione dell’atto (v. Cass., 23/7/2004, n. 13825).
La responsabilità del notaio, indi rileva la S.C., rimane esclusa solamente in caso di espresso esonero – per motivi di urgenza o per altre ragioni – da tale incombenza, con clausola inserita nella scrittura (v. Cass., 16/3/2006, n. 5868; per l’ammissibilità di una dispensa anche in forma verbale v. peraltro Cass., 1/12/2009, n. 25270), da considerarsi pertanto non già meramente di stile bensì quale parte integrante del contratto (v. Cass., 1/12/2009, n. 25270; Cass., 12/10/2009, n. 21612), sempre che appaia giustificata da esigenze concrete delle parti (v. Cass., 1/12/2009, n. 25270).
Quand’anche sia stato esonerato dalle visure, si è ulteriormente sottolineato, il notaio che sia a conoscenza o che abbia anche solo il mero sospetto della sussistenza di un’iscrizione pregiudizievole gravante sull’immobile oggetto della compravendita deve in ogni caso informarne le parti, essendo tenuto all’esecuzione del contratto di prestazione d’opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata di cui all’art. 1176 c.c., comma 2, e della buona fede (art. 1375 c.c.) (v. Cass., 2/7/2010, n. 15726; Cass., 11/1/2006, n. 264; Cass., 6/4/2001, n. 5158).
Ciò, secondo la regola della buona fede oggettiva.
L’impegno imposto dall’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza va poi correlato alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto, alla qualità dei soggetti coinvolti (v. Cass., 30/10/2007, n. 22860).
L’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza è infatti da valutarsi alla stregua della causa concreta dell’incarico conferito al professionista dal committente, e in particolare al notaio (cfr. Cass., Sez. Un., 31/7/2012, n. 13617. V. anche Cass., 28/1/2003, n. 1228; Cass., 13/6/2002, n. 8470. Per il riferimento alla serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi e alla sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell’atto medesim.
L’obbligo di effettuare le visure ipocatastali incombe allora senz’altro al notaio officiato della stipulazione di un contratto di trasferimento immobiliare anche in caso di utilizzazione della forma della scrittura privata autenticata (v. Cass., 20/8/2015, n. 16990; Cass., 1/12/2009, n. 25270; Cass., 31/5/2006, n. 13015; Cass., 16/3/2006, n. 5868).
La clausola di buona fede o correttezza ha infatti valenza generale, e trova anche in tal caso applicazione (cfr. Cass., 20/1/2013, n. 2071).
Di qui l’accoglimento della tesi dei ricorrenti posto che: il Notaio, nella fattispecie sopra descritta, non avrebbe dovuto fermarsi alla mera indagine di routine di cui all’atto divisionale dovendosi invece attivare secondo buona fede e correttezza, effettuando cioè ulteriori accertamenti e risalendo ad un idoneo atto d’acquisto antecedente alla divisione ed in caso di caso di anomali riscontri informare le parti fino a rifiutarsi, se del caso, di rogitare.
Avv. Egidio Oronzo