FURTO IN DANNO DEL CONVIVENTE? NON SI APPLICA L’ESIMENTE DI CUI ALL’ART 649 C.P.

AVANCES E REPENTINO BACIO SULLE LABBRA. SI AL REATO DI VIOLENZA SESSUALE EX ART. 609 BIS C.P.
9 Ottobre 2019
“SPAMMING”: SENZA PROVA DEL DANNO NON C’E’ REATO
15 Ottobre 2019

La sentenza del 12 settembre 2019, n. 37873 della Corte di Cassazione V sezione penale si occupa della vicenda relativa ad un furto tra soggetti conviventi more uxorio.

Nel caso oggetto di esame: una donna si era impossessata di alcuni oggetti tra cui un prezioso (orologio d’oro) del proprio convivente che ne aveva regolare detenzione presso la propria casa.

Veniva invocata dall’imputata la relativa causa di non punibilità ex art 649 c.p. pur trattandosi di conviventi more uxorio e ciò alla luce della legge 20.5.16 n. 76.

La Corte di appello aveva affermato, infatti, che la causa soggettiva di esclusione della punibilità prevista per il coniuge dall’art. 649 c.p., non si estende al convivente more uxorio, a nulla rilevando la recente modifica dell’art. 649 c.p., con l’introduzione del comma 1-bis che attiene esclusivamente alle unioni civili e non ai rapporti di mera convivenza.

La ricorrente rilevava, al contrario che: l’estensione della richiamata causa di non punibilità ai conviventi more uxorio risulterebbe in linea con il significato che la famiglia di fatto ha assunto, anche alla luce della L. 20 maggio 2016, n. 76, nonchè a seguito della modifica dell’art. 649 c.p., introdotta dal D.Lgs. n. 19 gennaio 2017, n. 6, entrato in vigore l’11 febbraio 2017.

Ciò richiamato il concetto di famiglia di fatto, come espresso dalla Corte di Strasburgo, quale formazione sociale, in riferimento alla Convenzione EDU, a prescindere dalla circostanza che il rapporto familiare sia sancito da accordo matrimoniale.

La  Suprema Corte, tuttavia, con la sentenza in commento ribadisce il principio che esclude la meccanica assimilabilità tra la convivenza e il rapporto di coniugio.

Ciò perchè la prima risulta basata sulla quotidiana affectio, in qualsiasi momento revocabile e, dunque, non sempre dotata dei caratteri di certezza e di tendenziale stabilità, propri del vincolo coniugale, questi ultimi incontrovertibilmente e documentalmente riscontrabili in sede di risultanze anagrafiche, nel caso di unione qualificata.

Nel merito la S.C. riteneva, peraltro, come nel caso concreto non fosse dimostrata con certezza la qualità della convivenza tra i predetti soggetti posto che la medesima risultava, invero, definitivamente interrotta e che, in ogni caso, anche dopo la cessazione, la parte offesa aveva lasciato le chiavi dell’abitazione per consentirle di prelevare i propri effetti personali.

Inoltre:  la vendita degli oggetti d’oro trafugati si collocava in epoca precedente e nulla emergeva, dalle sentenze di merito, sulla stabilità della convivenza, al momento del fatto, peraltro tenendo conto della prossimità della data della sottrazione rispetto a quella indicata come di definitiva interruzione dei rapporti tra le parti.

In sostanza la dimostrazione della sussistenza dei presupposti di applicabilità dell’art. 649 c.p., derivanti dalla convivenza stabile, anche atipica, come dedotta nel ricorso (ove se ne assume la stabilità per un periodo di circa sette anni, rispetto al quale nulla emerge nella sentenza impugnata), era onere dell’imputato rimasto inadempiuto.

Dal che il ricorso in Cassazione veniva rigettato.

Avv. Egidio Oronzo