Con la sentenza del 27 maggio 2019 n. 14364 la Corte di Cassazione torna sul tema in oggetto affermando il seguente principio di diritto: “La personalizzazione in aumento del danno non patrimoniale non costituisce mai un automatismo, ma richiede l’individuazione – da parte del giudice – di specifiche circostanze peculiari al caso concreto, che valgano a superare le conseguenze ordinarie già compensate dalla liquidazione forfettizzata tabellare. Pertanto, le conseguenze dannose “comuni” – ossia quelle che qualunque danneggiato con la medesima invalidità patirebbe – non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento”
Il caso concreto riguarda la richiesta di danni formulata dalla passaeggera di una auto coinvolta in un grave sinistro stradale la quale, subite serie lesioni, rimaneva invalida.
Indi la stessa evocava in giudizio di primo grado il proprietario del mezzo, il conducente e la compagnia assicurativa per ottenere il risarcimento del danno patito.
il Tribunale, all’esito del giudizio di primo grado, condannava il conducente alla pagamento della somma di € 500.000, 00 a titolo risarcitorio, onnicomprensivi.
L’attrice proponeva, tuttavia, gravame stante la pretesa erronetà della liquidazione del danno biologico; la esiguità della personalizzazione del danno morale; il mancato riconoscimento del danno da lucro cessante.
All’esito del giudizio di appello la stessa si vedeva, tuttavia, liquidare una mera somma aggiuntiva per la maggiore pretesa invalidità, con rigetto delle ulteriori due richieste.
Di qui il ricorso per Cassazione ove la danneggiata richiedeva diversa e nuova liquidazione dei danni patiti nonchè di quelli non riconosciuti.
La Cassazione rigetta, in primis, la doglianza relativa alla danno biologico e cià richiamato il principio secondo cui il paramentro di riferimento non può discostarsi da quello afferente “l’età della vittima” al momento della cessazione dell’invalidità temporanea, perché è a partire da quel momento che il danno viene ad esistenza. Non assumendo alcuna rilevanza l’età anagrafica.
Circa il danno NON patrimoniale, la Corte specifica che la liquidazione deve necessarimente fare riferimento alle tabelle per quanto attiene ai danni c.d. “comuni”.
Tale risarcimento, come sopra quantificato, può subire delle variazioni in aumento ma solo se si è in presenza di conseguenze anomale, eccezionali e peculiari.
E per superare il “perimetro tabellare” è necessario fornire la prova in concreto di una personalizzazione del pregiudizio subito rispetto al danno c.d. comune.
Trattasi per la S.C. di danno che – se adeguatamente dimostrato – può formare oggetto di separata valutazione e liquidazione.
Resta inteso, tuttavia, che la personalizzazione non costituisce mai un automatismo, ma richiede l’individuazione di specifiche circostanze ulteriori rispetto a quelle ordinarie.
Il pregiudizio specifico si distingue da quello ordinario per «l’irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale nella specie considerata, caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore, o all’uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sé tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento (in un’ottica che, ovviamente, superi la dimensione “economicistica” dello scambio di prestazioni), meritevoli di tradursi in una differente considerazione in termini monetari, rispetto a quanto suole compiersi in assenza di dette peculiarità»
È necessario per la S.C. che il danno che si intende “personalizzare” presenti dei profili di concreta riferibilità e inerenza all’esperienza personale, specifica e irripetibile del soggetto leso.
Diversamente opinando, si realizzerebbe una duplicazione delle poste risarcitorie, infatti, le conseguenze ordinarie che discendono da una lesione sono integralmente risarcite nella liquidazione del danno alla persona operata attraverso il meccanismo tabellare.
L’aumento può – di guisa – essere giustificato solo se e laddove il Giudice ravvisi circostanze di fatto del tutto peculiari, idonee a superare le conseguenze ordinarie.
L’indagine deve investire sia le conseguenze patite dalla vittima, tanto nella sua sfera morale quanto in quella dinamico-relazionale e tale accertamento, unitario ed omnicomprensivo, deve avvenire in concreto.
Stante il difetto dei suddetti elementi probatori, indi la S.C. rigettava il ricorso della danneggiata.
Avv. Egidio Oronzo