La Corte di Cassazione – Terza Sezione Civile – torna a pronunciarsi, con l’ordinanza 29 agosto 2019 n. 21772, sul tema della responsabilità derivante dalla custodia di animali.
Il caso: gli attori incardinano giudizio risarcitorio (ai sensi degli art 2052 c.c. ed in subordine ex art.2043 c.c) per i danni subiti a seguito dell’intervenuto decesso di un loro congiunto nel corso di una “zuffa tra cani”.
In particolare: quest’ultimo, mentre passeggiava con il proprio cane di razza Siberian Husky tenuto al guinzaglio, incrociava una signora in bicicletta accompagnata da altro cane meticcio, di piccola taglia, il quale circolava libero senza guinzaglio né museruola.
I due cani si azzuffavano ed il padrone del Siberian Husky, mentre tentava di separarli, cadeva a terra e batteva la testa, indi dopo due giorni di ricovero: decedeva.
Sia il Tribunale che la Corte di Appello rigettavano la domanda risarcitoria degli attori sul presupposto che non era stata raggiunta la prova circa la sussistenza del nesso di causalità tra il comportamento del meticcio e l’evento dannoso.
Gli eredi proponevano ricorso in Cassazione.
La Suprema Corte, con l’ordinanza in epigrafe, ha ritenuto fondato il motivo del ricorso stante l’erroneo convincimento della Corte di Appello la quale aveva negato l’efficacia causale del comportamento del cane meticcio di proprietà della convenuta rispetto alla verificazione dell’evento.
Valutato, pertanto, come del tutto erroneo il collegamento della fattispecie con gli artt. 40 e 41 codice penale in tema di causalità posto a base della sentenza di secondo grado.
Secondo la S.C., infatti, ai fini dell’applicazione dell’art. 2052 c.c. rilevanza causale dirimente assume il comportamento dell’animale.
Se tale collegamento causale viene accertato: il danno cagionato dal cane non può che essere imputato al proprietario o a chi se ne serve.
Spetta a quest’ultimo (eventulmente) sottrarsi all’imputazione della realtiva responsabilità tramite la prova del caso fortuito.
Viene sottolineato dalla S.C. – pertanto – come rilevi nella fattispecie: il comportamento iniziale del cane che è prodromo della catena degli eventi successivi tra cui il decesso.
Il comportamento della vittima sia quello del suo cane sono stati determinati, in effetti, dai comportamenti del meticcio che trovasi privo di alcuna custodia.
Di qui il nesso causale tra la condotta del proprietario del meticcio e l’evento morte.
Escludendo l’interruzione causale ex art 40 e 41 c.p. è dunque seguito il rinvio al giudice del merito il quale potrà e dovrà valutare la eventuale rilevanza causale concorrente del comportamento della vittima nell’esercitare il potere di controllo sul suo cane ed il modo di essere dello stesso comportamento di quest’ultimo.
Avvocato Egidio Oronzo