Come noto, il famigerato Decreto Legislativo n. 231 del 2001 disciplina la responsabilità amministrativa degli enti per alcuni reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio, da parte di soggetti che, investiti di tale potere, agiscono in nome e per conto dell’ente stesso.
Questi soggetti possono essere:
Ma a ben vedere il Decreto Legislativo n. 231/2001 si rivolge ad enti singolarmente considerati, senza prendere in esame il fenomeno dei “gruppi” e senza, quindi, disciplinarne le implicazioni sotto il profilo della responsabilità amministrativa da reato.
Ci si è spesso chiesti, infatti, se e a quali condizioni, nel caso di accertamento di responsabilità a carico di un’impresa facente parte di un “gruppo”, detta responsabilità possa estendersi anche alla società capogruppo o ad altre società del “gruppo”.
Una questione mica da poco, che è stata più volte affrontata nel tempo anche dalla giurisprudenza; si pensi alla recentissima sentenza n. 52316 del 27.09.2016 della Corte di Cassazione.
Ma prima di entrare nel merito della questione, è importante avere ben chiari in mente alcuni concetti, quantomeno sommariamente, in particolare quello di “gruppo” di imprese.
Il legislatore non da un’espressa definizione di gruppo ma lo tratta in maniera indiretta, riconoscendo, ad esempio, fattispecie di “controllo”, “collegamento” o direzione e coordinamento” tra due o più società.
In generale la casistica, però, ci insegna che esiste un “gruppo” di imprese quando un soggetto controllante (c.d. “holding” o capogruppo) che detiene partecipazioni in altre società (c.d. controllate), esercita nei loro confronti un’attività di direzione e coordinamento.
Svolge attività di direzione la società (holding) che esercita un’influenza marcata, incisiva e dominante, imponendo la propria volontà – che si sostituisce pressoché integralmente a quella degli organi amministrativi delle società controllate; svolge attività di coordinamento la società (holding) che esercita sulle controllate un’influenza meno penetrante perché limitata a quanto necessario per assicurare che le attività delle diverse società vengano svolte in modo organizzato e non confliggente.
Il gruppo, quindi, è un’aggregazione di imprese, collegate sul piano organizzativo perché assoggettate al potere direttivo di un solo soggetto economico, ma che rimangono distinte ed autonome da un punto di vista giuridico e patrimoniale.
Non essendo, quindi, a sua volta un ente, lo stesso non è inquadrabile tra i soggetti indicati all’art. 1 del D.Lgs. n. 231/2001, quali destinatari della disciplina.
Non si può, quindi, parlare di una responsabilità DEL gruppo, ma semmai di una responsabilità NEL gruppo.
Una differenza sottile.
Fin dagli esordi della normativa sulla responsabilità amministrativa degli enti, la giurisprudenza ha ammesso la possibilità che nei gruppi di imprese la capogruppo potesse essere chiamata a rispondere per fatti accaduti all’interno della società controllata.
Le prime pronunce fondavano la responsabilità della capogruppo sul concetto del c.d. interesse di gruppo: in pratica se il gruppo è portatore di un interesse unitario per cui sono ammesse le incursioni della holding nella definizione di alcune scelte politico-imprenditoriali delle controllate, allora lo stesso interesse di gruppo può rappresentare anche il criterio per imputare alla capogruppo la responsabilità nel caso in cui uno dei reati rilevanti sia stato commesso in una società del gruppo.
Ciò rischiava, tuttavia, di comportare un’automatica attribuzione di responsabilità alla holding nel caso di reato commesso nell’ambito di una società controllata.
Nelle sue successive pronunce, la Corte di Cassazione è arrivata, per questo, ad affermare che affinché possa esserci responsabilità in capo alla holding è necessario che questa abbia perseguito un interesse concreto o tratto un vantaggio effettivo, non potendosi applicare in maniera generica e automatica il criterio dell’interesse di gruppo.
Non solo, la Suprema Corte ha precisato che il soggetto che ha agito per conto della holding deve aver concorso effettivamente con il soggetto autore del reato, non essendo sufficiente un generico riferimento al ruolo di capogruppo e quindi alle funzioni di direzione e coordinamento esercitate per affermare la responsabilità della società.
L’appartenenza ad un gruppo non può, quindi, implicare automaticamente la responsabilità della capogruppo per reati commessi da società controllate.
Seguendo questo andamento, la recente sentenza n. 52316 del 27.09.2016 sopra richiamata, ha affermato che “In tema di responsabilità da reato degli enti, qualora il reato presupposto sia stato commesso da una società facente parte di un gruppo o di una aggregazione di imprese, la responsabilità può estendersi alle società collegate solo a condizione che:
La società capogruppo o altre società facenti parte di un gruppo possono, dunque, essere chiamate a rispondere del reato commesso nell’ambito dell’attività di una società controllata appartenente al medesimo gruppo solo se:
Soluzione, questa, che si può considerare in linea con le disposizioni del Decreto, che in effetti, ai fini dell’accertamento della responsabilità amministrativa da reato di una società, richiede un accertamento in concreto della stessa.
Egidio Oronzo
Avvocato