NOTIFICHE VIA PEC: DALLA RICEVUTA DI ACCETTAZIONE DERIVA LA PRESUNZIONE DI CONOSCENZA DEL DESTINATARIO

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Si sa, esiste un obbligo, quello di controllare la propria casella PEC in qualsiasi situazione.

È una regola aurea da rispettare perché, come noto, non solo si è responsabili della gestione della propria utenza pec, ma vi è anche l’onere di dotarsi degli strumenti necessari per decodificare o leggere i messaggi ricevuti e di presidiare la propria casella procedendo alla periodica verifica delle comunicazioni regolarmente ricevute al proprio indirizzo.

Lo dice la Corte di Cassazione, prima sezione civile, nella sentenza n. 14675 del 2018.

La vicenda parte da Napoli. La Corte d’Appello partenopea aveva dichiarato improcedibile l’appello proposto da una società contro lo stato passivo del fallimento in quanto l’appellante non si era presentato alle udienze.

La società ricorreva in Cassazione, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 348, comma 2 e 136, c.p.c., in quanto non era stato comunicato al difensore dell’appellante il rinvio della prima udienza, e nemmeno il differimento d’ufficio della seconda, spedito per via telematica, in quanto all’atto della spedizione il suo computer era in riparazione. Inoltre, lamentava la violazione e la falsa applicazione dell’art. 111 Cost., in quanto la declaratoria di improcedibilità era stata adottata ingiustamente in seguito all’erronea verifica della notifica al procuratore da parte dell’appellante del rinvio effettuato ex art. 348, secondo comma, c.p.c.

La soluzione prodotta dagli Ermellini richiama un costante orientamento giurisprudenziale in base al quale:

“una volta che il sistema genera la ricevuta di accettazione e di consegna del messaggio nella casella del destinatario, si determina, analogamente a quanto avviene per le dichiarazioni negoziali ai sensi dell’art. 1335 c.c., una presunzione di conoscenza da parte dello stesso, il quale è responsabile della gestione della propria utenza e ha l’onere non solo di dotarsi degli strumenti necessari per decodificare o leggere i messaggi inviatigli, non potendo la funzionalità dell’attività del notificare essere rimessa alla mera discrezionalità del destinatario, ma anche di presidiare la propria casella procedendo alla periodica verifica delle comunicazioni regolarmente inviatigli dalla cancelleria a tale indirizzo”.

Per tale motivo, non vi è alcuna ragione per non applicare la presunzione di conoscenza derivante dalla ricevuta telematica di accettazione della comunicazione. Il contenuto della comunicazione effettuata via pec è del tutto regolare.

Per intenderci, quando viene redatto su supporto cartaceo il biglietto, col quale il cancelliere esegue le comunicazioni a norma dell’articolo 136 del codice, si compone di due parti uguali, una delle quali deve essere consegnata al destinatario e l’altra deve essere conservata nel fascicolo d’ufficio.
Il biglietto contiene in ogni caso l’indicazione dell’ufficio giudiziario, della sezione alla quale la causa è assegnata, dell’istruttore se è nominato, del numero del ruolo generale sotto il quale l’affare è iscritto e del ruolo dell’istruttore il nome delle parti ed il testo integrale del provvedimento comunicato.
Nella parte che viene inserita nel fascicolo di ufficio deve essere stesa la relazione di notificazione dell’ufficiale giudiziario o scritta la ricevuta del destinatario. Se l’ufficiale giudiziario si avvale del servizio postale, il cancelliere conserva nel fascicolo d’ufficio anche la ricevuta della raccomandata.
Analogamente, quando viene trasmesso a mezzo posta elettronica certificata il biglietto di cancelleria è costituito dal messaggio di posta elettronica certificata, formato ed inviato nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.

 

Egidio Oronzo

Avvocato