UNA LITE FRA CONDOMINI PUO’ ASSUMERE I CARATTERI TIPICI DELLO STALKING?

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Non è una novità, l’ambiente condominiale genera conflitti di vario tipo.

La forzata vicinanza tra le persone e l’inevitabile condivisione di spazi comuni, unite ad una sempre più diffusa diversità razziale, sociale, economica e culturale dei nuclei umani che vivono in condominio, causano alterazioni psicologiche tali da mettere in crisi la loro serenità emotiva.

Ma cosa succede se la condotta del vicino assume gli estremi della vera intimidazione e persecuzione?

 

Due coniugi coabitanti in un appartamento di un condominio avevano sporto nei confronti di un altro condomino varie querele, con le quali denunciavano di aver subito numerosi atti persecutori consistiti in minacce, frasi ingiuriose, danneggiamenti etc.

Tali condotte si erano originate da un conflitto insorto tra le parti: la coppia di coniugi aveva installato sulla porta della propria abitazione un faretto ed una telecamera, impianto che, secondo il vicino, non poteva essere installato e, per questo motivo, l’aveva ripetutamente danneggiato anche dopo la sua riparazione ad opera dei proprietari. A causa delle intimidazioni del vicino, nel figlio minore della coppia, si era ingenerato il terrore di uscire di casa, per il timore di incontrarlo e subire delle aggressioni e gli stessi genitori, erano ricorsi a delle cure psichiatriche.

La responsabilità dell’imputato è stata riconosciuta dal Tribunale di Bari (sent. 02 ottobre 2017, n.2703) poiché quest’ultimo aveva tenuto nei confronti della famiglia di vicini una condotta perdurante di persecuzione e aveva reso le persone offese bersaglio di appostamenti, di danneggiamenti ripetuti.

Il Giudice ha accertato che tali condotte avevano ingenerato nei due coniugi uno stato perdurante di ansia e di paura, che aveva indotto la moglie a modificare le proprie abitudini di vita, evitando di uscire il più possibile di casa, da sola con il figlio minore, nel timore di subire aggressioni.

Come noto, il reato di atti persecutori di cui all’ art. 612 bis c.p. è commesso da chi minacci o molesti taluno, con condotte reiterate, in modo da cagionargli un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerargli un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona a lui legata da relazione affettiva, ovvero da costringerlo ad alterare le proprie abitudini di vita.

Ma quali sono le condotte tipiche che, in ambito delle relazioni condominiali, possono essere ricondotte alla fattispecie degli atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p.?

Senza dubbio il reato di atti persecutori è di per sé strutturato in modo da condurre ad una notevole flessibilità applicativa i cui estremi sono rappresentati da un lato dal persecutore ossessivo e violento che prende di mira una persona nota, ma con la quale non ha rapporti interpersonali, e dall’altro il persecutore che ha con la vittima una relazione interpersonale affettiva o, meglio, vorrebbe averla e i cui metodi di corteggiamento diventano così invadenti da divenire inaccettabili.

Nell’ambito condominiale gli atti persecutori sono conseguenza dell’alterazione della psiche umana, derivante soprattutto da situazioni conflittuali occasionali.

L’altrui fare, l’altrui usare gli spazi comuni, può generare fastidio, risentimento, invidia e propositi vendicativi, condotte che in taluni casi sfociano in molestie, minacce e intimidazioni che portano, se degenerano, agli atti persecutori.

D’altronde il caso citato ne è un esempio: l’installazione di un servizio di videosorveglianza da parte del singolo condomino ha causato una spropositata reazione del vicino il quale, per farsi giustizia da sé, ha dapprima effettuato avvertimenti e minacce verbali e, successivamente, ha posto in essere una condotta che è sfociata in danneggiamenti e in atti di violenza privata, degenerando sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, fino al punto di intimorire minare gravemente la psiche delle sue vittime.

In effetti ciò che distingue il reato di stalking rispetto a quelli contravvenzionali, come per esempio l’art. 660 c.p. (molestie), è, innanzitutto, la reiterazione delle condotte e, in secondo luogo, il fatto che esse trasmodino in un clima intimidatorio tale da indurre nelle vittime uno stato di ansia o di paura, che le spinge a mutare le condizioni di vita.

La pronuncia del Tribunale di Bari è interessante perchè riafferma alcuni principi già resi dalla Suprema Corte in relazione al reato di stalking.

In particolare, ribadisce che integrano il delitto di atti persecutori anche due sole condotte di minaccia o di molestia come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice e che sono idonee ad integrare la fattispecie in questione anche ripetute comunicazioni telefoniche, ovvero mediante reiterato invio alla persona offesa di sms e di messaggi di posta elettronica o postati sui cosiddetti social network, come ad esempio Facebook.

Per prima fu la Cassazione penale del 15 maggio 2013 n. 39933 a ricondurre alla figura dello stalking condominiale le condotte che si traducono nei reati di molestie e di minacce ripetute indistintamente ai danni di tutti i soggetti di uno stesso condominio in misura da indurre in ciascuno di loro uno stato di ansia.

In conclusione gli atti molesti non devono essere rivolti necessariamente contro la stessa persona ma anche contro una collettività di persone, come nel caso del condomino, essendo sufficiente che gli stessi si manifestino come ripetizione di atti definibili come persecutori e che, nel loro insieme, cagionino l’evento.

Il fattore generatore può dipendere a volte da un motivo legittimo (violazione della privacy) che diviene tuttavia teatro di condotte sproporzionate, che possono condurre ad un esercizio arbitrario delle ragioni.

 

Egidio Oronzo

Avvocato