La vicenda
Una società committente affidava in appalto la realizzazione di una villa, da costruirsi secondo criteri di eco-compatibilità. L’opera coinvolgeva anche un architetto, avente il ruolo di progettista e direttore lavori. Qualche tempo dopo la committente lamentava la sussistenza di vizi con particolare riguardo alla pavimentazione, in cotto striato, che era risultata mediocre, scadente e difettosa. Ne seguiva un contenzioso che in primo grado si concludeva con la condanna al risarcimento dei danni del direttore lavori (l’architetto) e con la piena assoluzione della ditta appaltatrice.
E l’appaltatore? A quanto pare esente da ogni responsabilità.
Alla Corte territoriale è bastata, infatti, la comunicazione inviata dall’architetto alla committente, con la quale il professionista garantiva l’ottima qualità del prodotto (piastrelle). Secondo i giudici quest’ultima avrebbe costituito una valida assunzione di responsabilità ai sensi dell’art. 1490 c.c., in quanto l’architetto, preposto alla direzione dei lavori, aveva la qualifica e la competenza per orientare le scelte di acquisto della committenza.
L’architetto, garantendo il prodotto, sia sotto il profilo della qualità del processo produttivo, sia sotto quelle del buon nome del produttore, aveva fatto proprie le garanzie verso il compratore tradizionalmente proprie del venditore, atteso che il compratore non era in grado di apprezzare le diverse caratteristiche dei materiali edili, avendo delegato al direttore dei lavori ogni verifica al riguardo.
Il Giudice di appello riteneva peraltro che l’assorbente responsabilità della direzione dei lavori, cui era unicamente riconducibile la scelta del materiale, escludesse la concorrente responsabilità dell’impresa appaltatrice, la quale, da un lato, non possedeva specifica competenza valutativa in ordine al particolare profilo dell’eco-compatibilità, e dall’altro aveva avanzato riserve sulla qualità del materiale, disattese dalla direzione dei lavori con la lettera sopra ricordata.
La Sez. II civile della Cassazione con sentenza n. 12116/18 del 17 maggio ha completamente ribaltato la suddetta pronuncia annullando la decisione di merito che aveva attribuito, in un appalto privato, la responsabilità tipica del venditore al direttore dei lavori, con riguardo ad una fornitura di materiali impiegata dall’appaltatore nella realizzazione dell’opera.
Pacifico, quindi, che la garanzia del venditore non possa essere assunta dal Direttore Lavori.
Infatti, tale garanzia ex art. 1490 c.c., che è tipica garanzia del venditore, può essere assunta da un soggetto che è in particolari rapporti (di commissione, di preposizione istitutoria etc.) con il venditore e non con il committente – acquirente, come nel caso di specie.
E d’altronde il Direttore Lavori si era limitato ad esprimere un parere di congruità sul materiale utilizzato. Una semplice lettera inviata non è di per sé sufficiente ad integrare alcuna assunzione in proprio della tipica garanzia per vizi della cosa venduta ex art. 1490 c.c.: con essa il direttore dei lavori, estraneo al rapporto contrattuale diretto tra il fornitore della merce ed il committente, si era limitato ad esprimere un parere di congruità sul materiale utilizzato, peraltro già acquistato dalla committente e posato dall’appaltatrice, ma non aveva certo assunto gli specifici obblighi di garanzia, anche in relazione ad eventuali vizi occulti, posti dall’art. 1490 codice civile a carico del venditore.
La responsabilità del Direttore Lavori si basa, semmai, sulla violazione di specifici obblighi di vigilanza.
Ma questo è un altro paio di maniche.
Del resto, più in generale, l’eventuale responsabilità del direttore dei lavori, ai sensi degli artt. 1655 e 2230 ss. c.c., ha presupposti, contenuto e natura giuridica del tutto diversi da quelli previsti dall’art. 1490 c.c., fondandosi sulla violazione di specifici obblighi di vigilanza, secondo il parametro della diligentia quam in concreto, che non sono stati neppure specificamente presi in esame dalla sentenza impugnata, la quale ha fondato la sua ratio decidendi e la conseguente affermazione di responsabilità, sull’assunzione della garanzia per i vizi del materiale utilizzato ex art. 1490 e ss. c.c. da parte dell’architetto.
In conclusione, la decisione di secondo grado non poteva che essere cassata con rinvio.
Egidio Oronzo
Avvocato