PROFILI DI RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE IN AMBITO EDILIZIO: E’ SEMPRE CORRETTO PARLARE DI RESPONSABILITA’ SOLIDALE?

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“Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla.” 
MARTIN LUTHER KING

 

L’attività professionale degli ingegneri e degli architetti e, in parte, dei professionisti tecnici minori (geometri, periti edili) si realizza anche e soprattutto nella direzione dei lavori, oltre che nella progettazione e nel collaudo di opere.

Si tratta di un’attività professionale che presuppone operazioni di carattere materiale e meccanico, come, ad esempio, le operazioni che si risolvono in un mero calcolo matematico, e dà luogo ad una vera e propria creazione intellettuale, oggetto dello specifico contratto disciplinato dagli artt. 2229 ss. c.c.

Così come pure, d’altronde, l’incarico del direttore dei lavori, che comporta in maniera sistematica scelte interpretative e valutazioni sulle modalità operative da attuare, e che si deve inquadrare nell’ambito del contratto d’opera intellettuale, e non di quello d’opera manuale o di appalto.

Molto si è detto in passato della responsabilità del direttore dei lavori sulla base delle norme in materia di colpa professionale (art. 1176, comma 2, c.c. e art. 2236 c.c.).

Tale responsabilità nei confronti del committente può presentarsi anche in concorso con l’inadempimento dell’appaltatore e del diverso professionista che ha progettato l’opera, come pure eventualmente di altri soggetti.

Fino ad oggi la dottrina tradizionale e la giurisprudenza hanno parlato di concorso non cumulativo, né graduale, ma alternativo, poiché dette responsabilità trovano fondamento nella violazione di obblighi autonomi e distinti (derivanti rispettivamente dal contratto d’opera professionale e dal contratto di appalto): in quest’ottica, le singole inadempienze non interferiscono fra loro con riferimento alla produzione del danno.

Diretta conseguenza di ciò è che la soddisfazione della pretesa del soggetto appaltante verso uno dei soggetti debitori esclude l’azione dell’appaltante medesimo nei riguardi dell’altro soggetto inadempiente.

Qualora, invece, il committente decidesse di agire contro entrambi, dovrebbe chiedere la condanna di ciascuno per l’intero in modo alternativo e chi soddisfa l’appaltante non potrebbe agire in regresso verso l’altro debitore, poiché la loro responsabilità non è solidale, non riferendosi a un unico titolo negoziale.

Di recente, l’orientamento della dottrina sembra mutato e sta prendendo piede un altro indirizzo alla luce del quale, sia per la responsabilità contrattuale sia per quella aquiliana, se l’unico evento dannoso è imputabile a più soggetti, è sufficiente, per ritenere la solidarietà di tutti nell’obbligo al risarcimento, che le azioni o le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a causare l’evento: non viene, infatti, ora ritenuto rilevante che costituiscano atti illeciti diversi e autonomi o violazioni di norme giuridiche diverse.

Nel caso di danno risentito dal committente di un’opera per concorrenti inadempimenti del direttore dei lavori e dell’appaltatore, si è perciò in presenza delle condizioni necessarie perché essi siano chiamati a rispondere in solido.

Si è così deciso, per esempio, che, alla luce dei princìpi generali codificati dall’art. 2055 c.c., se il danno è provocato da più soggetti, quali ad esempio il direttore dei lavori, il progettista, l’appaltatore, e il fornitore dei materiali, per inadempimenti rispetto ai diversi contratti intercorsi fra ciascuno di essi e il danneggiato (cioè il committente), in base alla responsabilità solidale dei debitori, il creditore può rivolgersi a ciascuno dei danneggianti per ottenere l’intero risarcimento.

Per quanto riguarda l’aspetto esterno, i condebitori rimangono vincolati in solido secondo il disposto dell’art. 2055, comma 1, c.c., mentre, per ciò che concerne l’aspetto interno, è sempre possibile la ripartizione dell’obbligo fra i condebitori solidali, così come previsto dall’art. 1298 c.c. e l’azione di regresso verso gli altri corresponsabili a favore di colui che abbia pagato l’intero, ex artt. 1299 e 2055, comma 2 e 3, c.c.

Il concorso di responsabilità può riguardare naturalmente anche la responsabilità aquiliana.

Si è, per esempio, giudicato che una responsabilità del direttore dei lavori nei riguardi dei terzi è configurabile se risulti provato che l’atto lesivo è stato commesso dall’appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal direttore dei lavori, il quale, uscendo dai binari standard dalla mera sorveglianza sull’opera oggetto del contratto, ha esercitato un’ingerenza concreta sull’attività dell’appaltatore medesimo, al punto da ridurlo al ruolo di mero esecutore.

La giurisprudenza prevalente considera, poi, responsabile anche il professionista tecnico, sulla base della ritenuta natura extracontrattuale della responsabilità ex art. 1669 c.c., riguardante la responsabilità dell’appaltatore per la rovina e i gravi difetti della costruzione, nel contratto di appalto immobiliare.

Conseguentemente nella responsabilità prevista dalla disposizione menzionata possono incorrere, a titolo di concorso con l’imprenditore che ha costruito un fabbricato minato da gravi difetti di costruzione, tutti i soggetti (compreso il direttore dei lavori) che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione del manufatto, hanno contribuito, per colpa professionale, alla determinazione dell’evento dannoso, costituito dall’insorgenza dei vizi in questione

In base a tale corresponsabilità, il danneggiato può rivolgersi indifferentemente all’uno o all’altro dei soggetti che hanno causato il danno, per il risarcimento integrale del danno medesimo e il debitore escusso (sia esso il direttore dei lavori o l’appaltatore) ha azione di regresso verso l’altro corresponsabile

Si badi però che la responsabilità sia dell’appaltatore sia del direttore dei lavori (nonché progettista), per rovina e difetti delle cose immobili ex art. 1669 c.c., presuppone che i vizi si palesino entro un decennio dal compimento dell’opera e che gli stessi siano denunciati entro il termine annuale di decadenza, decorrente dalla scoperta della gravità dei difetti e della loro imputabilità alla prestazione dell’appaltatore e del professionista intellettuale

In realtà, a ben vedere, l’art. 1669 c.c. prevede una fattispecie di responsabilità per la rovina e i difetti dell’opera limitatamente al contratto di appalto: la norma riprende l’art. 1639 del codice civile del 1865 aggiungendo un’importante innovazione: non prevede accanto alla responsabilità dell’appaltatore quella dell’architetto (progettista e direttore dei lavori), come invece faceva la norma previgente, che seguiva l’esempio dell’art. 1792 code Napoléon.

L’innovazione operata dall’art. 1669 c.c., unita alla creazione di uno specifico contratto nominato per la disciplina della prestazione d’opera intellettuale, fa sì che appaia abbastanza chiara la non applicabilità della disposizione in esame all’attività del direttore dei lavori, in quanto professionista: come le altre attività liberali, anche tale incarico trova il proprio riferimento negli artt. 2229-2238 c.c. e nelle leggi professionali

Nonostante ciò, la giurisprudenza afferma la natura aquiliana della responsabilità in esame, estendendola al costruttore in genere (anche costruttore venditore) e a quanti abbiano collaborato alla costruzione, nella fase attuativa della direzione dei lavori (e in quella ideativa della redazione del progetto), ogni volta che si dimostri che i vizi si siano verificati in dipendenza e a causa di errori commessi anche nella direzione lavori (o nella progettazione) menzionate.

Egidio Oronzo

Avvocato